domenica 3 agosto 2014

Croazia - Ma ndo annate?!

La prima tappa in Croazia è Zagabria. Io già c'ero passato nel 2007 quando girai parte dell'est europa. Come tappa intermedia va più che bene. Una notte pe recupera' gli "sforzi" sloveni. 

A Zagabria in quel famoso 2007 avevo conosciuto una tecnica di viaggio arcaica: la caciara da ostello. Ce stava sta comitiva che festeggiava er compleanno de uno dei componenti con bottije de bira, vino e amaro. Classici momenti de giovialità nei viaggi nel nostro continente. Due giorni dopo il ribeccai a Lubiana e stavano festeggiando nuovamente lo stesso compleanno. Il trucco: era tutta na scusa pe beve e fa' diverti' la gente. Tutto a spese loro, pure le candeline e i palloncini.

Stavolta co Scuzzi sarà na tappa de riposo, niente estenuanti scalate per conquistare la maja gialla der giro dei Balcani. Zagabria è una città traquilla, dal sapore mitteleuropeo. Probabilmente la sua vitalità non rende in questo periodo estivo, ma potrebbe essere n'alternativa meta di studio/erasmus fori dai classici circuiti.
Er giorno dopo partimo. Se tutti vanno sulla costa noi annamo ancora de più all'interno. Non semo venuti a vede' solamente capitali o mete turistiche. Volemo un po' de sorpresa. Andiamo in Slavonia, che nun è la Slovenia che a sua volta nun è la Slovacchia. Croazia interna, sulla via pe la Serbia.

Famo la fila al botteghino della stazione. Se avvicina ncroato: ma ndo annate? No no qua, international trains dall'altra parte. Ma chi t'ha detto che volemo fa' l'international noi? Insiste. Ao ma la sapremo ndo volemo anna'.
La cassiera, co gli occhi quasi sgranati, ce fa: ma ndo annate? Osijek? Sì, annamo là, pure se nun sapemo come se pronuncia e che ce sta de preciso.

La Lonely Planet dice che la Slavonia è na zona famosa per il cibo piccante e er primo ristorante che consiglia è er cinese. Li pagano pure a questi pe scrive le guide. Mo, fricchettonilonelyplanetcollacravatta, ve pensate veramente che noi annamo fino nelle campagne sperdute croate pe magna' i ravioli ar vapore de Shanghai?
Sarebbe npo' come anna' a studia' er corno francese a Lubiana. La guida dice pure che visto er poco numero dei turisti, visita' la regione è dispendioso. Vedremo che è nartra cazzata!
Na cosa sulla guida è vera; la gente der posto dice che: "le montagne più alte da ste parti so' i cavoli" e noi in mezzo a sto paesaggio piatto se sentiremo giganti cogli zaini.

Pijamo er treno. Chiedemo ar controllore se bisogna timbra'. Nce fa' fine la frase che ce ammonisce: Budapest, Budapest, first vagon.
No non annamo a Budapest, noi annamo a Osijek. Ma ndo annate? Osijek? Allora ultimi vagoni, dopo, er treno se divide e la testa va in Ungheria.
Salimo sopra. Io e Scuzzi semo l'unici turisti. La gente ce ferma ner convoglio. Ma ndo anante? wrong, wrong, Budapest the other way. Ao noi annamo a Osijek! Mo se lo stampano in faccia, a Budapest a fa' i fricchettoni allo Sziget annatece voi!
Nun me pare manco che c'avemo la faccia da magiari. Anche se a me l'anno scorso un benzinaro de Zante dopo che j'avevo chiesto de metteme cinque euri in un greco traballante me fece: "Are from Hungary?". Probabilmente come secondo lavoro faceva l'imbriacone de uzu.

Er treno sferraglia. L'odore dei binari me inebria. Sarà forse colpa de mi padre che era ferroviere o de mi zio che me regalò er libro de Ettore Mo "Treni" o sarà forse colpa der primo inter-rail che me feci pe cinquanta giorni, a diciottanni, a zonzo per il centro e nord europea ma a me i binari me fanno salì sempre l'adrenalina.
Passamo attraverso stazioni dai nomi impronunciabili. Qui, nell'ex Jugoslavia, l'unica dittatura che 
è rimasta è quella delle consonanti. Le vocali porelle se le so scordate ner dimenticatoio. Represse, a cuccia. "Piazza" per esempio se dice "Trg", n'è n'abbreviazione. Trieste è "Trst". Nsibilo. 

Ce accompagnano scene de artri tempi. A ogni fermata esce er capostazione. controlla, fischia, spaletta, la gente esce e attraversa i binari, le banchine sono praticamente inesistenti. Er beretto rosso ricontrolla, rifischia, rispaletta e er treno riparte. Nelle piccole stazioni italiane non me ricordo de ave mai visto un capostazione. A Frascati armeno nun ce sta. Qua pure se intorno non ce sta niente so armeno due/tre che comannano, gesticolano e emettono sequenze consonantiche infinite.

Arrivamo a Osijek, città desiderata. Ad attenderci invece der classico cartello di benvenuto, una scritta: "Qua nun stamo a Budapest".

La gente ce guarda divertita. Du turisti, quattro zainoni, scene rare da ste parti. Tutti ce sorridono. Noi semo diretti ar quartiere settecentesco: la Tvrđa. Camminando vediamo ancora i segni della guerra, evidenti su alcuni palazzi decadenti.

Raggiungiamo un ostello. La Lonely Planet se sbajava. Nletto costa intorno ai 13 euri. Unica cosa: nell'ostello ce stamo solo noi. A na certa la padrona ce dice: "guardate che se volete ce sta nartro ostello più lontano" e ce da' er depliant. 
Scuzzi profetizza: questa ce sta a avvertì, sto posto é come l'ostello der firm Hostel, mo ce fanno ar sugo.
Ma de che! Quello stava in Slovacchia, che nun è la Slovenia che nun è la Slovania. Rimanemo. 



A na certa arriva na bona fracica che capimo esse la fija della proprietaria. Sbuffa perché semo arrivati noi e lei si vede costretta a leva' da mezzo le cose de sua proprietà. Se rinasce er regno de Croazia sicuro a questa la fanno regina pe quanto è bona e pe quanto c'ha la puzza sotto ar naso.

Altra particolarità dell'ostello: sta dentro a npub. La reception é er bancone del locale, le camere stanno ar piano superiore. Ce sta nproblema: é lunedì, er pub é chiuso. Noi c'avemo le chiavi dello stabile. Praticamente semo i padroni der monno. C'avemo a disposizione n'ostello tutto pe noi e npub co varie bottije de superalcolici in bella vista sur bancone. Nessun'altro in giro. Ma stavolta semo clementi: non toccamo manco na goccia de alcol. Er karma ce ripagherà in un'artra occasione.

In tutta la città semo solo io, Scuzzi e gli slavoni. Na ficata. Annamo a magna' slavone.

Er pischelletto che serve ai tavoli parla n'ottimo inglese e emozionato ce prende l'ordinazione, accompagnandola co tutti i tic dei balcani messi insieme: balbuzie, spalletta ondulante, doppio passo, sorriso contagioso, accollo ripetuto. Probabilmente era uno dei primi giorni de lavoro. Esageramo cogli ordini. Ma qua so' onesti e ce portano meno robba de quella che ordinamo perché sanno che non potemo magnasse tutto quello che avemo chiesto.

Na porzione de zuppa locale, piccante come na pietanza orientale, vale pe quattro persone. Pagamo poche corone e se n'annamo contenti, abbracciandoci col cameriere e piegati in due dal cibo. Stamo strapieni.
La notte, per il piccante, c'avemo l'incubi. Scuzzi se sogna che lo stanno a sgozza' a Osijek nell'ostello mentre cerca de urla': Slovacchia era Slovacchia, no Slavonia! E poi noi dovevamo anna' a Budapest. Io me sogno Rocco Papaleo.
Ufffff. Tutto un sogno pe fortuna. Ce riprendiamo e siamo pronti per partire. Direzione Serbia. Slovenia e Croazia le lasciamo alle nostre spalle, diretti a meridione e a oriente. Du' parole bellissime, du' direzioni dell'anima.

Chiudo co na citazione "storica" da Point Lenana di Wu Ming 1 e Santachiara, libro che sto leggendo in questo momento scroccandolo dall'e-reader del saggio Scuzzi (attenzione la frase è al presente, ma si parla di situazioni passate) :

" Presso gli italiani della venezia Giulia, sloveni e croati sono chiamati spregiativamente i s'ciavi, gli schiavi. La parola slavi deriva dal latino medioevale sclavi e nei dialetti veneti dell'Adriatico Orientale il cerchio, si chiude, anzi, non si è mai aperto, perché gli slavi xe sempre stadi servi, sono inferiori. Il vocabolo s'ciavi contiene e rivendica secoli di dominio della latinità, dall'imperium di Bisanzio alle colonie veneziane in Istria e Dalmazia.
Anche a Trieste si parla un dialetto veneto, questa lingua aspra che udiamo per le vie, fatta di vocali aperte e suoni duri, meno cantilenata di certe sue cugine. Sentite? La parola con la esse è ovunque, come spinta dal vento che soffia, ssssssssssss.....Ssssht, 'scolta: te senti? I sssssssss'ciaaaaviiiiii.
Da s'ciavo deriva anche il saluto ciao; "S'ciavo vostro!" si diceva a Venezia, come a dire: al vostro servizio, a disposizione. E può sembrare ironico che ciao lo usino pure....i s'ciavi: Čau dicono gli sloveni; Ћao dicono serbi e crotai."

Ciao allora. Ciao rega'. Ntempo potevate esse considerati pure schiavi. Io mo ve considero gajardi. Ciao.

4 commenti:

  1. Grande Giulie sei er più forte. Saluta scuzzi, le bone, gli ostellanti e i capostazioni. Io dalla grecia te posso di solo... hela pe te.

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