Salutamo Dubrovnik e la Croazia e se ributtamo verso er centro.
Direzione Trebinje, Repubblica Srpska, regione autonoma della Bosnia
e Erzegovina. Alla stazione degli auto arriva un catorcio sgangherato
che scoppietta come er sidecar ne Gli Aristogatti.
Più che n’autobus è un vano de qualche metro cubo collegato a
quattro rote e pitturato alla volemose bene co npo’ de giallo e
blu.
Arrivederci Europa. Er viaggio dura poco e noi arrivamo alla
stazione de Trebinje freschi come du rose ma co qualche petalo in meno lasciato la sera prima in Croazia.
Più che a na stazione però
qua stamo a no spiazzale, anfatti nce sta na bijetteria o un punto
informazioni nell’arco de centro chilometri. Appiccicato
all’entrata de sto spiazzale c’è sta solo un cartello cogli
orari de tutti l’auti. Scritto coll’alfabeto cirillico. Fermamo
ncoatto antico de sti pizzi e je chiedemo se è bosniaco e se ce po' aiutà. Primo errore, qua stamo nello stato della Bosnia e Erzegovina
ma la regione è la Repubblica Srpska, a maggioranza serba e con uno
statuto autonomo.
No! Sono serbo. Ce imbruttisce ma poi je viè da
ride e ce aiuta a decifrà sti geroglifici balcanici. Ce indica cor
dito, sbattendoce in faccia l’ascella da coatto antico che d’estate
bazzica lo Zion, la città do dovemo annà pe pijà l’auto che poi
ce porterà ner nord der Montenegro.
Hvala. Grazie zi se vedemo ar Pincio colla machina modificata
quando torno a Roma.
Co Scuzzi se addentramo nella quieta cittadina de Trebinje.
C’avemo n’indirizzo. Obala Mića Ljubibratića, ostello Harambaša. Su internet ce sta na descrizione de sto posto che pare er paradiso
dei viaggiatori fiji de fiori co zaino in spalla. Ma er paradiso
esiste pe davero? E st’ostello?
Iniziamo a chiede informazioni. La gente ce sballottà a destra e
a sinistra finché non arrivamo a Obala Luke Vukalovića. Fuocherello. Capimo che
Obala vordì lungofiume e qui essendocene solo uno de fiume non
dovremmo sta lontani da sto paradiso. Ma ner paradiso ce stanno i
fiumi?
Obala de qua, Obala de là. Sta Mica Ljubibratića nessuno sa ndo
sta. Solo Luke Vukalovića conoscono. Er fuocherello inizia a scotta'. Non staremmo mica vicino all'inferno?
Tutti ce dicono: Obala è questa. Ma noi ne cercamo un'altra. Come se un bosniaco a Piazza de Spagna cercasse Piazza der Popolo e noi je dicessimo: questa è na Piazza!
Percorremo tutto er fiume. Uno
che pare uscito dalla serie The Soprano ce consijà de guadà er fiume.
Poesse che sta Mica Ljubibratića sta sull’altra sponda. Ma pe guadà
sto fiume dovemo fa' lo slalom tra le alghe, fa' l’equilibristi su
dei massi, combatte la corrente, schivà le risa dei presenti e
sopportà er peso de du zaini a capoccia. Ao a dimonio con occhi di
bragia, noi ar paradiso dei backpacker dovemo annà, qua ce stai a
fa’ attraversa er fiume Acheronte!
Desistemo. Scegliemo er lungofiume come campobase. Acchittamo un
bivacco e lasciamo i pesanti zaini. Er paradiso deve esse raggiunto a ogni costo. Scuzzi
perlustrà le campagne e le paludi fino a che er fiume non diventa
n’acquitrino. Torna perdente. Parto io. Tra palazzi co slogan
serbi, turisti ignari, locali che manco sanno come se chiamano me
imbarco in una scarpinata lungofiume alla ricerca de st’ostello.
Dopo dieci minuti de camminata arrivo a nbaretto e je chiedo do se
trova sta via.
Ce stai adesso, è questa. Me fa er padrone.
Praticamente a sto paese solo chi abita o lavora a na via conosce er
nome. Mo io non pretendo che ve chiamate tutti Google Mapsić ma
mannaggia l’alfabeto cirillico, in tutta Trebinje sete ventimila
abitanti e ce stanno solo du vie che se chiamano Obala, n’è
difficile regà. Pure i Beatles c’hanno fatto la canzone. Obalì
Obalà life goes on!
Ma n’è finita qui. La strada per il paradiso è ancora in
salita. Questo sa come se chiama la via ma nun sa er numero civico.
Dice che poesse che er numero che sto a cercà io sta più verso
sinistra. Me imbarco. Nartri venti minuti in mezzo alla macchia. Supero anche er famoso ponte de Trebinje, meno famoso del suo cugino di Mostar. Alla
fine arrivo a sta mezza catapecchia. Nce sta nessuno. De fori alla
porta ce stanno na quindicina de cassette de cipolle. I vicini de
casa me fanno capì in un serbo-bosniaco mimato che Nikola, er
padrone dello stabile, se sta a fa’ er bagno ar fiume come Tom
Sawyer. E che sicuramente non tornerà prima der tramonto. Bella la vita nella Repubblica autonoma der Missouri dei Balcani.
L’ostello, se così lo volemo chiamà, sembra deserto. Forse è
vero: ner paradiso nce sta nessuno. Se uno vole npo’ de compagnia
deve decide tra la calca dell’inferno e le villette bilocali der
purgatorio. Torno da Scuzzi. So tre ore che stamo a scapoccià pe sta
sistemazione. Decidemo de peccà. Pijamo na stanza doppia privata. A
n’albergo. Tv via cavo, aria condizionata, bagno privato, lenzuola
candide. Diciassette euro a capoccia. Vizio capitale der viaggiatore.
Stamo nell’inferno der backpacker. Lasciate ogni speranza voi che
intrate.
Noi lasciamo l’aria condizionata spenta e decidemo de concedese
un riposo, nelle fiamme calde de st’albergo luciferino.
Cullati tra sti materassi peccaminosi riacquistiamo energie. Siamo
pronti pe fa’ du passi.
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