lunedì 15 settembre 2014

Pirati in Albania

Prima di andare sulla costa facciamo una tappa a Berati, cittadina famosa per le caratteristiche abitazioni di epoca ottomanna.

Dormimo in una guest house gestita da due pischellette che se prendono cura de noi quattro scarti di porto. Queste stanno sempre col sorriso. Ce fanno er caffè, ce coccolano cor tè, quando vedono che fa troppo callo ce allietano co npo' de acqua fresca. Manca solo che ce danno er bacetto della buonanotte. Se convincemo che semo quattro fichi. Da brutti mozzi se trasformamo in quattro viaggiatori affascinanti. Quattro pirati boni fracichi. Johnny Deep ce spiccia casa e se ce viene sotto quella sciapona de Keira Knightley noi je damo pure buca. La fionnamo in mare in mezzo alli squali.
Arghhhh. Verso la costa ciurma! 

Ma sfortunamente non stamo co nvascello e in Albania ce sta ngrande problema: i trasporti. Poche strade scorrevoli, orari dei mezzi inesistenti, attese infinite. Un punto a favore: non ce stanno fermate prestabilite; basta che te metti pe strada e qualche van, bus o mezzo privato te se carica. Però te devi impara' a mettete nella classica posa de attesa albanese altrimenti nte se fila nessuno. Inoltre te caricano e te lasciano ndo te pare a te. A volte si assiste a scene surreali co persone che aspettano nel bel mezzo der nulla o che se fanno lascia' a na distanza de cinquanta metri una dall'altra. Centocinquanta chilometri possono richiedere anche quattro ore. Un viaggio di sei se po' trasforma' in uno de dieci.

Riuscimo a approda' a Valona. Arhhh. Dopo qualche ora de attesa passa uno che chiama er fratello che ce passa a carica' cor furgoncino a noi e a du' pischelle inglesi. N'archeologa e la corrispondente der Guardian da Istanbul. Cazzate. Probabilmente due agenti segreti inviate dalla corona inglese per fottere noi pirati. Anche se nei film le spie donne so' sempre bone fraciche mentre queste nse ponno guarda'. Noi che semo omini de mare diremmo: du' cozze.

Se famo lascia' a Dhermi. Le due inglesi continuano verso altri lidi. In sto posto co quattro case e qualche struttura turistica pare sia tutto pieno. Stamo a metà agosto. Tutto er monno è Salento. Disperati arrivamo a un residence de prima classe. Ce se avvicina uno che pare Spugna de Hook - Capitano Uncino e ce dice nella lingua franca del Mediterraneo, il cosidetto sabir, pidgin utillizato nei peggiori porti del mare nostrum: "Ce l'ho io na casa pevvoi, so' trentacinque sberle a notte!'.
"Mortacci de Pippo! Trentacinque bomboni a persona?", je rispondemo noi ner dialetto utilizzato nella baia de Roma sud.
"Ma de che! Trentacinque picchi tutta la casa", ce rassicura lui in un patois che puzza di rum. N'affare anche se nun stamo al residence de prima classe ma in un buco de stanza.
Spugna, essendo un collega, c'ha dato na dimora che ricorda gli spazi angusti di alcune stive. Ma noi semo avventurieri e ce sta bene così. Ah che bella vita che bella davver, la vita del filibustier!
Io, inoltre, mentre il resto della ciurma sta assaltando un veliero pieno de oro albanese sulla spiaggia principale, festeggio un mese di viaggio in una caletta deserta. Sono l'unico presente. Robinson Crusoe me spiccia casa. Tom Hanks me prepara er caffè pe colazione. 



Dopo tre giorni de Dhermi, svarie bottiglie di rum scadente e alcune situazioni che verranno intenzionalmente omesse per proteggere le nostre vite dalle fauci delle corona inglese, arriviamo a Saranda. Città di confine, dirimpettaia all'isola greca di Corfù. Mediterraneo. Lontani da casa ma vicini.
Scrive Jean Claude Izzo in Solea, epilogo della trilogia marsigliese: "Lì dove il mare diventa più scuro. Più denso. Mi ero detto che la soluzione a tutte le contraddizioni dell'esistenza era lì, in quel mare. Il mio Mediterraneo."
Siamo in Albania, ma potremmo stare in Spagna o Turchia. Joan Manuel Serrat, grande artista catalano, canta: "da Algeciras a Istanbul [...], che ci posso fare se sono nato nel Mediterraneo?"

Albania che sa di Grecia già dal nome. Infatti Saranda, nella lingua parlata a Atene, vordi' quaranta. Quaranta so' i santi de un monastero nei paraggi. E quaranta so' i gradi che trovamo.


Arrhhhh. Durante na missione alla ricerca der bottino delle sorgenti dell'occhio blu io me incoccio sotto il sole. La febbre se presenta du' giorni dopo, quando stamo già a Gjirokaster, la città del castello argentato, che ha dato i natali all'ex dittatore Enver Hoxha.
Quarantotto ore rinchiuso in un gioiello di ostello ricavato in una casa tradizionale ottomana sono la mia medicina. Arhhhhh.
Salpiamo verso nuovi mari. Vorremmo approdare sulle coste del lago di Ohrid, in Macedonia. Ma nse capisce come ce se arriva e quanto ce vole. Si rumoreggia dieci ore, più quattro chilometri a piedi per attraversare la frontiera e poi un taxi fino alla prima città macedone. Per tutte le sbornie!
Con una mappa del tesoro in mano pensiamo a un'alternativa. Cambiamo rotta ciurma! Si va in Grecia! La Macedonia la circumnavigheremo!
Lasciare l'Albania ci dispiace, ma questa è la vita degli avventurieri. Quando si è tristi di lasciare un posto vuol dire che si è felici di viaggiare.
Il Duka, menestrello della controcultura romana, cita in uno dei suoi tacchi per Radio Onda Rossa un passaggio da Tortuga di Valerio Evangelisti : "Pareva che ognuno fosse ansioso di rimettersi in mare, come se la vita a terra, con i suoi piaceri, fosse intollerabile. Eppure il mare era visto, da quasi tutti gli avventurieri, come un nemico. La maggior parte non sapeva nuotare, i più intransigenti rifiutavano di alimentarsi di pesce e crostacei. Tuttavia l'ansia di riprendere il largo era comune."
Così noi, viaggiatori di bassa lega, ci rimettiamo in viaggio. L'Ellade ci aspetta.
Un autista di taxi sopra le righe, seguace di Lu Colombo e osservante del comandamento rum e cocaina taxi forza nove, ci accompagna al confine. Attraversiamo la frontiera a piedi. Siamo in Grecia. Ma non andremo sulle isole perché nun semo comuni marinai. Salonicco, città di porto, è la nostra meta perché semo filibustieri in cerca di fortuna.


Hakim Bey, storico anarchico, autore de Le repubbliche dei pirati. Corsari mori e rinnegati europei nel Mediterraneo, riporta una frase di Jan Jansz, pirata olandese, noto come Murad Reis, tra le figure più importanti dei Salle Rovers, combriccola di rinnegati e corsari che formò la gloriosa repubblica pirata di Salè: "We shall have a bon voyago" .
Ah che bella vita che bella davver, la vita del filibustier!

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