venerdì 15 agosto 2014

Verso Sarajevo - Grumvalski è morto de freddo

Na sera a Belgrado conoscemo na ragazza a npub che ce dà un po' de dritte. Noi je dimo che saremmo voluti annà a Novi Pazar, città del sud della Serbia a maggioranza musulmana, riconquistata a danno dei turchi solamente nel 1912.
No nc'annate, là so' diversi, c'hanno le barbe, nce sta vita la sera.
Sembra che la guerra abbia lasciato ste tere balcaniche ma alcuni pregiudizi rimangono forti, a volte, come in altre parti der monno. 

Ma noi nsemo venuti solo a vedè capitali, nsemo venuti a vedè solo le bionde, nsemo venuti solo a beve o a divertisse:  a Novi Pazar ce volemo annà. E stamo pure fomentati.
Già solo pija l'auto è n'esperienza, come accade spesso da ste parti. Semo l'unici stranieri a bordo e la gente ce soride e ce continua a parlà ininterrottamente in serbo. A stecca. Noi replicamo coi sorrisi. No colla lingua serba.
L'auto fa pausa in un paesino sperduto in cui l'unica attrazione sembra esse na bettola. Tutti ce guardano e noi nsapemo che fa. A na certa vedemo attaccata ar muro na foto della Stella Rossa di Belgrado che vinse la Coppa dei Campioni nel 1990/91. Come sempre er calcio ce viene in aiuto. Almeno tre parole che non siano bira e grazie le potemo usà. E ste tre parole so': Jugović Savićević e Mihajlović.

Ripartimo e dopo n'oretta arrivamo alla stazione degli auto de Novi Pazar. Chiedemo gli orari pe annà a Sarajevo, nostra prossima tappa. Ovviamente l'addetto non parla manco na parola de inglese ma ce se avvicina ntipo losco in bicicletta pe dacce na mano. Er sosia de Vincent Cassel in L'Odio. Parla pure francese questo.
Poesse che è lui pe davero. Poesse che dopo che s'è accannato co quella fregna della Bellucci s'è trasferito sotto copertura qua do' la maggior parte delle donne so velate. Perché immagino che dopo esse stati co la Bellucci uno nvoja più vede na scollatura in vita sua.
Comunque grazie ar mio francese de la rue riuscimo a capì gli orari pe Sarajevo. Abbiamo due possibilità: notturno e arrivo a Sarajevo alle cinque del mattino o giornaliero e arrivo nel pomeriggio.
Ce penseremo. Intanto annamose a fa' sto giretto pe Novi Pazar.

Vincent Cassel ce segue a distanza ravvicinata colla bici. Ce imbruttisce. Poi tira dritto. Se ferma a comprà le sigarette. Aspetta che lo superiamo a piedi. Ce riviene appresso. Ce risupera. Ritorna indietro. Ce pija le misure.
Ma che vole questo? Ma che voi morì de freddo come Grumvalski? 
A na certa ce risupera, ghignando, co no scatto de reni degno der mejo Virenque e scompare. Pe sempre.

Noi continuamo a girà. Sentimo er canto der muezzin provenì dalle svariate moschee cittadine. Pe Scuzzi è la prima volta in vita sua. Io ero da più de du' anni che non sentivo sta cantilena. Dar mio soggiorno arabesco in Giordania. Fatto sta che è sempre n'esperienza sensoriale da pelle d'oca. I Balcani ce stanno a regalà contraddizioni, sorrisi e momenti unici.
Continuamo a mescolà sto melting pot e se famo caricà da ntassista musulmano. Noi: du' atei indecisi. E tutti e tre annamo al monastero di Sopoćani, centro religioso ortodosso e unico sito protetto dall'Unesco in tutta la Serbia.

Riscendeno in città ce rilassiamo un po'. Se sedemo nella piazzetta in fronte allo stranissimo Hotel Vrbak che per la Lonely Planet è il più grandioso hotel dell'ex Iugoslavia. N'incrocio tra lo stile classico della Casilina e dell'imbriacatura architettonica slava.

Davanti a sto paesaggio surreale siamo anche spettatori di un matrimonio locale co musica classica caciarona balcanica. 

Cullati da sta melodia prendemo la fatidica decisione: annamo cor notturno. Scuzzi non è tanto convinto. In effetti arrivà alle cinque de matina alla stazione dell'auto de Sarajevo non credo stia tra le cento cose da fa' prima de schiattà. Ma fino a mo avemo fatto tutti spostamenti brevi, manco un notturno pe attutì le spese: trasporto e dormita.

Semo ancora l'unici turisti a bordo tranne na famigliola mezza belga mezza bosniaca. Che poi famija è nparolone. Praticamente ce sta er padre co cinque fiji, er più piccolo nc'avrà manco n'anno e er più grande al massimo cinque. Na caciara mai vista. In più nell'auto vojono tutti l'aria condizionata a manetta. Pare de sta in Alaska. Non moriremo de freddo come Grumvalski ma se stamo a cacà sotto dar freddo come Grumvalski.

Arrivamo ar confine e sale la guardia bosniaca. Gentilissima. Eccezione in quer monno a parte che è er monno delle guardie de frontiera. Tutti che ringhiano, tutti che te squadrano e te che te cachi sotto come Grumvalski.
Ce augura addirittura un buon viaggio e una buona permanenza in Bosnia. Se riaddorementamo come polaretti e dopo npo' aprimo l'occhi che stamo già a Sarajevo. Alle cinque de matina.
Se dovemo cacà sotto come Grumvalski? Manco pe niente. La stazione centrale de Sarajevo alle cinque de matina è tranquillisima, se pensamo a Termini ar confronto qua pare che stamo alla stazione centrale de Zurigo.
Ma io dico: manco ntossico a chiedece na sigaretta? Na delusione: tutto tranquillo. E Scuzzi che stava co mille paranoie.

Camminamo verso il centro. Quattro chilometri col sole che spunta da dietro le colline che proteggono la città. Passamo varie insegne de ostelli ma decidiamo di entrare in uno abbastanza centrale. So' le sei de mattina. La reception è aperta 24 su 24. Ce danno du' letti. Er pischello ce dice de non fa' caciara perché la gente sta a dormì ma mentre ce avverte lui stesso fa na caciara assurda e sveja tutti e poi ce fa' a noi shhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.
Svagamo. Er letto è nmiraggio. Famo un carpiato e s'addormentamo. Er giorno dopo c'aspetterà na città da sogno. Semo partiti che se stavamo a cacà sotto come Grumvalski e s'accasciamo con sorriso mai visto.



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