venerdì 22 agosto 2014

Storming Sarajevo e pure Mostar

Dormimo poco ma abbiamo un ottimo risvejo. Il nostro amico Lotti che sta facendo un anacronistico inter-rail in mezza Europa alla ricerca di campi da golf è arrivato a Sarajevo e s’è portato con sé tre romane carucce e gajarde. Le due spagnole più belle della penisola iberica se stanno a fa’ un caffè in cucina. Na comitiva de serbi in trasferta se sta a beve la vodka de prima mattina.La capa roscia dell’ostello ha invitato le sua amiche a prendere il tè e a mangià dolcetti. Ce trattano come fiji.

Una de queste pare Crudelia Demon: sguardo perso nel vuoto, aspira profondamente la sigaretta e spara frasi brevi in bosniaco sputandoce il fumo in faccia. Una delle signore traduce nella lingua di Dante: questa vole trovà un marito italiano, ce dice a noi se c’avemo qualche contatto bono. Qualche zio de secondo grado che la coccoli in vecchiaia, che accudisca la carica dei centouno, che tra l’altro è un cartone che fa mezzo cacà. 

Noi svagamo e se annamo a fa un giro nella capitale bosniaca.

Sintesi della storia dei balcani e non solo: qualche chiesa, svariate moschee, npaio de sinagoghe, un’ambasciata americana che è grande quanto tutto er Connecticut, palazzi ancora sventrati dai bombardamenti della guerra, targhe commemorative, una biblioteca centrale ricostruita dopo un attacco armato dei paramilitari serbi, un centro storico affollatissimo, negozietti per turisti co cianfrusaglie cinesi, souvenir che ricordano er conflitto, majette de Tito, fast food, cosce de fori, donne velate, odore de cevapci e de narghilè, panzoni statunitensi, occhi a mandorla coreani, slavati nordici, canti der muezzin e flash delle macchinette fotografiche. Er posto più a oriente in occidente. Rumiz ha scritto: "In Europa l'Oriente non c'è più, l'hanno bombardato a Sarajevo, espulso dal nostro immaginario, poi l'hanno rimpiazzato con un freddo monosillabo astronomico: “Est”. Ma l'Oriente era un portale che schiudeva mondi nuovi, l'Est è un reticolato che esclude."

Intanto passano tre giorni e noi lasciamo Sarajevo alle nostre spalle e se imbarcamo verso Mostar, città col ponte simbolo, ricostruito dopo che era stato fatto saltare in aria dai croati per motivi strategici durante la guerra. Persone, monumenti o istituzioni, i conflitti non fanno differenze. Dal minareto della moschea di Aleppo ai Buddha di Bamiyan, dalla città di Dresda agli ospedali di Gaza, gli uomini creano e gli uomini distruggono.

Ner mentre ci hanno raggiunte due amiche di amici di Roma. Una delle ragazze ha rimediato il macchinone aziendale der padre. Guidamo fino a Mostar. Loro due se mettono davanti e io e Scuzzi de dietro. Ner traffico cittadino e ai semafori attiramo l’invidia de tutta la Bosnia. Scarozzati cor machinone da du pischelle, spaparanzati sui sedili posteriori senza move ndito. Due pashà.
Durante un periodo di "cessate il fuoco" a metà degli anni novanta na combriccola de pioneri della musica rave in Europa ha raggiunto una Sarajevo stremata da tre anni di assedio con un furgoncino mezzo sgangherato portando musica tekno e medicinali. Storming Sarajevo. Noi se n’annamo co na Bmw tirata a lucido e con cd de Jovanotti in macchina.


La capa roscia dell’ostello de Sarajevo ce consija nposto do dormi a Mostar, dije che te manno io.

Arrivamo alle sette de sera. Ce apre Mago Merlino dell'ulitima scena de La spada della roccia coi bermuda e na camicia sgargiante. 
Ce manna la roscia. 
A roscia chi? Venite qua, metteteve seduti, benvenuti.
Almeno così capimo perché questo spiccica a malapena du parole de inglese ma parla benissimo tedesco.
Intanto se cambia tre camicie in dieci minuti, tutte sgargianti e de colori diversi. Chiama er padrone dell'ostello che scende co na boccia de rakia fatta in casa.
Famo er barbecue stasera, ce state?
Manco c'avemo er tempo de risponne che Merlino vola verso Honolulu a comprà la carne co la più bella delle sue camicie a fiori.
Manco semo arrivati e già stamo a magnà e beve. Le valigie stanno ancora nel giardino dell’ostello. Le camere neanche l’avemo viste. Ma come se fa a rifiutà tanta ospitalità e gentilezza?

Nella caciara totale Mago Merlino ce chiede se parlamo tedesco. Io je dico ein bisschen dove ein bisschen vordì cose basilari: ciao, come stai? Bene, io sono, io mi chiamo, io vado, bello, grande, piccolo, caldo, freddo, sette birre grazie. 

Errore madornale. Questo pe tre giorni e pe tre notti ce parlerà a me e a Scuzzi in tedesco stretto della Bavaria. Pretendendo che noi traduciamo quello che ce dice agli altri ospiti dell’ostello. Io e Scuzzi se inventamo tutto. Giocamo de fantasia.

Ngiorno annamo a fa na gita alle cascate di Kravice, posto stupendo pieno de pellegrini diretti a Medjugorje. Crocifissi e tatuaggi cristiani dappertutto. Ce sta pure na comitiva de sauditi in gita. Le ragazze iper bardate col burqa fanno conoscenza colle signorotte de mezzà età calabresi e pugliesi. Diventano tutti amici. Foto de gruppo cor costume intero e le tettone che sporgono de fori e occhi arabi che sorridono dall’unica fessura aperta del velo.
A na certa un prete esegue il rito del battesimo nelle fredde acque delle cascate. Sembra di assistere alla scena di Brother where art thou? dove la gente scende al fiume per pregare cantando down to the river to pray.

Tornamo a Mostar, città affascinante ma che si può visitare tranquillamente con un paio d’ore. Noi rimanemo tre notti e quattro giorni. L’ostello è na totale presa a bene. Giocamo alla play coi fiji der proprietario, che ce fa da magnà a gratis. Giocamo a scacchi cogli altri ospiti. Pijamo le sveje a scacchi e alla play. Famo compagnia ar cane che se chiama Mourinho che come er Mourinho vero sta sempre a brontolà. Famo finta de parlà in tedesco co Mago Merlino che ce riempe de caffè e de birre.

A noi ce fa sempre er caffè mentre costringe un coreano a magnasse le ciliegie. E je porta sempre sto piattino pieno de ciliegie perché Mago Merlino è convinto che sto coreano sia giapponese e allora je dice tutto er giorno arigatò e je dà ste ciliegie perché lui dice che er ciliegio è n’albero sacro in Giappone e mentre je dà sto piattino congiunge le mani a mò de preghiera davanti ar petto e je fa ar coreano: arigatò. E er coreano dopo tre giorni se convince de esse giapponese e mo che torna a Seoul se tatua un ciliegio in petto.
Come dice un vecchio detto giapponese: tra gli alberi il ciliego; tra gli uomini il guerriero (fonte: Bushido di Inazo Nitobe).
L'ultima sera conosco na super coreana che è n'incrocio de bontà tra la coreana de Lost e Lucy Liu. Questa, che dopo du ore de ostello se sente pure lei giapponese, è partita da casa sua e è arrivata in Bosnia senza pijà mai n'aereo. Ha preso er primo traghetto pe Vladivostok e poi via cor treno attraversando tutta la Russia fino ai Balcani.

E io che sto a fa er coatto che poesse arrivo nel Caucaso. Questa ce fa colazione cor viaggio che sto a fa' io.

La coreana me da' alla testa, divento scemo, cerco de non innamoramme pure stavolta. Er bijetto per una breva capatina in Croazia già ce l'avemo in tasca. Errore da principianti.
Stordito inizio a dire cose senza senso tipo l'importante non è la meta ma il viaggio e a scrive fregnacce sur taccuino der tipo: tra le donne le viaggiatrici; tra le viaggiatrici le coreane.
La sveja suona presto all'indomani. Salutiamo Mago Merlino quasi emozionati. Ritorniamo per un paio di giorni in Europa. La costa ci aspetta, sarà Dubrovnik la prescelta per donarci il benvenuto.





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