lunedì 8 settembre 2014

Albania - Il regno di Oz

Nartra frontiera davanti a noi. La prima che attraversiamo con una macchina. Siamo ancora la bella combriccola di finti giornalisti. 



Già qualche chilometro prima del confine ci sono delle botteghe improvvisate per strada con alcuni souvenir albanesi. Ci fermiamo in uno spiazzale e compiamo l'antico rituale che dalla notte dei tempi differenzia un turista da un viaggiatore: pisciamo nella natura.
Svuotati i corpi da questo bagaglio interiore ci avviciniamo a un banchetto de na vecchietta coi cocomeri in bella vista. La signora ce offre una deliziosa fetta a ognuno e noi prima di andarcene le porgiamo qualche spiccio. Lei rifiuta categorigamente: offre la casa.
Il primo di una lunga serie di atti di gentilezza che ci accompagneranno in tutta la nostra permanenza in Albania.

Ripartiamo e superiamo la frontiera. Il passaggio da una parte all'altra è allucinante. Veniamo dal sud del Montenegro, zona ipersfruttata e con un'edilizia che ricorda alcuni litorali nostrani o iberici. Entriamo nella campagna albanese: carri bestiame, gente a cavallo, persone in moto senza casco, strade dissestate, costruzioni lasciate a metà. La classica arretratezza che fomenta il viaggiatore in cerca di mondi diversi, di un po' di avventura. Ovviamente la povertà è sempre bella da vedere con occhi da europeo. Viverla sarebbe tremendo probabilmente: perversioni occidentali che Edward Said chiamerebbe "orientaliste".

Ma scopriremo presto che solamente parte dell'Albania è in queste condizioni mentre molte città e regioni vivono un sorprendente boom economico che è somma di imponenti investimenti stranieri, edilizia impazzita, ritorno di capitali di albanesi che vivono all'estero e un turismo pronto ad aprirsi al mondo.

Inoltre l'Albania è uno dei paesi più influenti della regione con gran voce in capitolo nelle politiche che riguardano soprattutto il Kosovo, la Macedonia e il sud del Montenegro.
Ma qua nun stamo a fa' i capoccioni geopolitici inviati de Limes quindi tocca scrive de sto viaggio e er viaggio lo fanno principalmente: i trasporti, le attrattive e le persone.

Arrivamo a Shkodra. Chiediamo informazioni per il centro a un vecchietto seduto a ntavolino de nbar che non vedeva l'ora de parla' co qualcuno. Manco famo in tempo a accosta' che entra colla testa dentro er finestrino. Inizia a parla' un italiano spedito. Quello che avevamo sentito sembra essere vero: na cifra de gente parla italiano perché ha vissuto in Italia, perché c'ha parenti o semplicemente perché se vede la televisione nostrana. Certo imparasse la lingua de Dante cor Tg1 o co Nposto al Sole non è che sia er massimo ma de sti tempi tutto fa curriculum.

Er Capitano, Flux e Luchetto ce lasciano dopo na bella mangiata de cibo locale diretti verso Durazzo e le Puglie. Noi trovamo un ostello gajardo vicino al centro. Entro e chiedo se ce stanno stanze disponibile.
- "Dal tuo accento sembri un romano". Manco du' parole avrò detto, mo ho capito che ve guardate i Cesaroni ma c'è un limite a tutto.
- "Infatti io sono di Altamura". Ci risponde il grande Dino, italiano in pensione che passa parte dell'estate da questo lato del Mediterraneo e l'inverno a svernare in Messico.

Sarà lui il nostro mentore in queste giornate di riposo a Shkodra, anche se la prima notizia che apprendiamo è delle più tristi. Il padrone dell'ostello: Giorgio Faraggiana, attivista No Tav, ambientalista e molto altro, è morto tragicamente qualche giorno prima del nostro arrivo (a questo link http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08/25/giorgio-faraggiana-e-lecoturismo-in-albania/1098393/ un articolo del Fatto con la foto di Giorgio, con la compagna albanese nell'ostello di Shkodra).


I ragazzi che lavorano nella struttura, anche dopo la sofferente perdita, cercano di trattarci comunque nel migliore dei modi.

All'ostello conosciamo du pischelli francesi di ventanni che sono partiti da Parigi in moto alla volta di Istanubul. Ci svelano in segreto che trasportano una grande quantità di marijuana per uso personale. Scuzzi per non essere da meno, il pomeriggio, decide di comprare un chilo di tabacco sfuso da un rivenditore consigliatoci da Dino. A sette euro e mezzo. Nell'ostello si era tanti allora prendemmo un chilo, forse avrà pensato. 



C'è una coppia di polacchi che sta viaggiando in autostop. Sono arrivati all'ostello in mattinata dopo aver fallito la missione di trovare un passaggio il pomeriggio precedente.
Lui fa: "Siamo usciti in strada verso le sei di pomeriggio, abbiamo aspettato un'ora e mezzo invano, quando è iniziato a fare buio e abbiamo desistito. In Polonia di solito fa buio tra le nove e mezza e le dieci qui non capisco perché succede così presto".
Ma io dico fijo mio tu voi fa' er viaggiatore fijo de fiori che sei er più matto che viaggi in autostop e manco du' nozioni basilari de geografia e de come funziona sto mondo? Mo non pretendo che tu sia come er tuo connazionale Stanisław Lem, grande autore di fantascienza, né che tu abbia viaggiato quanto Wojtila o che tu c'abbia na laurea in astrofisica presa a Cracovia, ma pure mi cugino de sette anni che non s'è mai mosso da Roma potrebbe avece un minimo di conoscenza su meridiani e paralleli terrestri.

Dopo qualche giorno decidiamo di andare verso nord, attraversare il lago di Koman e arrivare nello sperduto paesino di Valbona. Il lago di Koman è un bacino artificiale che detiene il record di unica bellezza naturale ad aver segnato un gol in una finale di Coppa dei Campioni. I tifosi doriani lo ricorderanno sicuramente con tristezza.

Superato il lago, raggiungiamo Valbona, un paesino con cinque case e con una struttura ricettiva gestita da un'americana che pare Dorothy del Mago di Oz. La guest house è piena e noi due, insieme a una coppia di giovani tedeschi veniamo ospitati nella casa dello zio del paese. 
Tipica casa rurale albanese, con un bagno che chiamarlo turco sarebbe un complimento. Stiamo benissimo, unico problema: la tedesca è troppo bella. Noi non abbiamo niente contro le belle ma siamo contrari alle belle che stanno coi morti de sonno. Se uno è brutto: pazienza. Ci sono altre qualità da apprezzare se si cerca un rapporto stabile ma pare che l'unica cosa che c'abbia de gajardo sto crucco sia aver studiato hindi all'università. La bellissima ha studiato sanscrito quindi c'è un terreno comune su cui camminare ma lei straborda energia e lui non parla mai né in inglese né in tedesco. Figuramose che du' palle sentillo parla' in hindi.

La sera mangiamo co sta coppia, co du' crucchi sessantenni che bevono come cammelli e co naltro tedesco che pare Sick boy de Trainspotting e che c'ha na fame chimica che se magna pure er tavolino della povera Dorothy nartro po'.
Er signore della coppia de sessantenni tedeschi, che so' tre anni che ha smesso de fuma', tra un bicchiere de raki e un altro se spippacchia pure tre sigarette dal tabacco de Scuzzi, nuovo spacciatore de cancro dei balcani.

Collo stomaco gonfio tornamo alla casa de zio e assistiamo a uno degli spettacoli più belli del nostro viaggio. La via che riporta al nostro giaciglio è senza luci, non si vede una mazza e nell'arco di centochilometri ci saranno al massimo una trentina di abitazioni. Alziamo gli occhi e vediamo il cielo.
Un tappetto puntellato di infiniti ricami abbacinanti. Per quante stelle ci sono non riusciamo a individuare l'orsa maggiore. La Via Lattea è un Cammino di Santiago che attraversa la volta celeste. Col naso all'insù immaginiamo le costellazioni che abbiamo appreso come tutti gli studenti italiani dai Cavalieri dello Zodiaco. Siamo valenti viaggiatori.
Riposiamo coccolati dal freddo montano e il giorno seguente coi due tedeschi orientalisti e n'americano che sta a fa' er giro der monno, ma in realtà salta da n'aereo a n'altro, s'avventuramo sul sentiero dorato indicatoce da Dorothy. Speramo di non incontrà la strega dell'ovest sul nostro cammino.

A metà della scarpinata di sette ore che dallo sperduto villaggio di Valbona porta alle quattro case ancora più sperdute di Theth, raggiungiamo na vetta de quasi duemila metri. Ci avevano detto che dalla cima si poteva godere di una vista mozzafiato, ma la fitta nebbia presente ce lo impedisce.
Come er viaggiatore che raggiunge Capo Nord pe vedè n'ufficio postale e nsercio violentato dar maltempo anche noi ora se potemo rivende la famosa citazione inventata dal viandante sotto effetto di peyote: l'importante non è la meta ma il viaggio.

Riscendendo la vetta la nebbia inizia a diridarsi, così come alcuni pensieri diventano più chiari. Forse su questo sentiero dorato, come lo Spavantappaseri, l'Uomo di Paglia e il Leone Codardo abbiamo trovato quello che stavamo cercando, anche se non sappiamo bene cosa sia...


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